I diari: come sono diventata La Ragazza del Fico d'India
II
25 Febbraio
Bentornati, come state?
Come state affrontando l’inverno?
Per me questa stagione è un po’ una dannazione, ma quest’anno a differenza dei precedenti me la sto vivendo abbastanza bene. Certo, preferirei essere dall’altra parte del mondo a bere un succo tropicale nel peggior bar di Caracas, ma purtroppo non è possibile. A questo giro però ho organizzato per bene tutto quanto e ho sistemato i paletti necessari per arginare la corrente che normalmente mi travolge con i primi freddi invernali. Mi ci è voluto un po’ per ammettere quanto siano necessari anche i periodi di calma e lentezza, di quanto sia importante ascoltarsi e capire che c’è un tempo per tutto. E’ il ritmo dell’inverno, e io ho deciso di assecondarlo, come la terra che mentre sopporta il gelo prepara le prime gemme sui rami spogli in attesa della primavera.
Sono giornate lente e corte che trascorro in laboratorio forgiando nuovi gioielli, disegnando sogni, organizzando le idee e immaginandomi comunque in quel bar di Caracas.
Proprio riordinando il laboratorio mi sono imbattuta in alcuni cimeli che mi hanno riportato indietro nel tempo. L’ultima volta vi raccontavo di come il 2020 sia stato un anno di svolta e di cambiamento, oggi vorrei condividere con voi alcuni ricordi attraverso le tappe che hanno portato alla nascita del progetto de “la ragazza del fico d’india”.
Non siete un po’ curiosi?
Il mio percorso da artigiana non inizia tra i banchi di un’accademia e neppure come apprendista in qualche laboratorio ma comincia viaggiando.
Il viaggio è sempre stato il filo conduttore e la costante del mio percorso.
Quando da piccola mi chiedevano cosa volessi fare da grande io rispondevo: “la stilista”, mestiere che negli anni a venire faticavo a visualizzare come realizzabile, rimpiazzandolo nel tempo con la concretezza che richiedevano gli adulti. Ne derivò solo un sacco di confusione e frustrazione per l’impossibilità da parte mia di adeguarmi. Ho sempre pensato che la Sardegna non è esattamente il luogo ideale per orientare un ragazzino e aiutarlo a conoscere e vagliare tutte le possibilità esistenti al mondo, e questo è il motivo per cui decisi di andarmene così giovane.
Avevo 20 anni quando mi trasferì in Spagna. Quell’esperienza era proprio quello che cercavo, quello di cui avevo bisogno e che non riuscivo a trovare a casa, fu una scoperta bellissima. Per la prima volta mi resi conto di quanto grande potesse essere il mondo, di quante persone diverse lo abitassero, di quanti luoghi incantati si potessero scovare e di quante strade diverse da percorrere ci si potesse inventare.
Nel 2009 lavoravo a Siviglia in una caffetteria che stava accanto a un negozio di macchine da cucire, ogni giorno prima di attaccare passavo davanti a quella vetrina e la contemplavo. La proprietaria di quel negozio era una nostra cliente e tutti i giorni veniva a bere un caffè con Leche muy caliente, ci parlavo, c’era simpatia reciproca. Un giorno le dissi che desideravo una delle sue macchine e mi disse che potevo acquistarla a rate. Affare fatto, ne comprai una.
Cosi quell’anno mi iscrissi a un corso di cucito, e anche a uno di restauro di mobili, perchè non si sa mai, sempre meglio vagliare più opzioni! Da quel momento, ogni qualvolta mi imbarcavo per un viaggio, la macchina da cucire stava con me nello zaino insieme a qualche vestito. Pensandoci adesso mi sembra folle. Viaggiavo e imparavo a cucire e pian piano mi avvicinavo a un tipo di vita che mi piaceva sempre di più, tanto da sentire la necessità di voler creare qualcosa di mio, testando sempre più materiali e strumenti diversi.
In quegli anni ebbi modo di venire a contatto con gli artigiani di strada, prima a Berlino con gli artisti che giravano per i festival e affollavano Mauerpark, poi alle Canarie, dove erano tutti di passaggio e viaggiavano con la loro produzione artigianale nello zaino e poi ancora a Ibiza dove scoprì i primi Market dedicati a questo mondo.
Le mie prime produzioni non hanno nulla a che fare con quello che siete abituati a conoscere di me oggi. Iniziai cucendo piccole borsette, costumi da bagno e porta tabacco di stoffa o pelle. Accostando la mia passione per i filati imparai prima a uncinettare e grazie a una bella conoscenza ebbi la fortuna di imparare i rudimenti della macchina da maglieria. Era il 2012 quando iniziai a confezionare colli, sciarpe e cappucci di lana e a venderli, come fanno tutti agli inizi, ad amici e parenti.
Autunno 2012. Shooting con la collezione del tempo. La fotografa è Aurora, la modella Sabrina.
Erano anni in cui non avevo una fissa dimora, la base continuava essere Siviglia, ma iniziavo a passarci sempre meno tempo. In cerca di nuove avventure la lasciai definitivamente nel 2013. Quella primavera infatti partecipai a un progetto bellissimo: la costruzione di una casa di paglia nella Costa del Sol (Malaga). Si, un’esperienza unica di un paio di mesi in cui con un gruppo di ragazzi e un capo cantiere scozzese abbiamo realizzato una vera e propria casetta partendo dal nulla. Una magia praticamente, mi sembra ancora incredibile.
Eccola, è lei:
Non è un caso che gli ambienti stimolanti siano contagiosi e che confluiscano sempre in qualcosa di bello e inaspettato. I miei primi esperimenti con la resina, infatti, risalgono proprio a questo periodo.
Inglobai sotto resina qualche fiore, mi impegnai parecchio e una volta li misi ad asciugare in uno stanzino che si scoprì poi essere il bagno privato del nostro capo cantiere, il giorno dopo li ritrovai per terra rovinati.
Ci rimasi malissimo ma al tempo stesso mi sentivo super soddisfatta per averci provato e consapevole del fatto che non sarebbe stata l’ultima volta! Intanto la casa era quasi ultimata e l’estate era alle porte, così mi trasferì a Ibiza. Vivevo nelle campagne di Sant Antoni a casa di un’amico che ogni tanto si dilettava con la ceramica. Utilizzavo il suo banco da lavoro, ci stavo per delle ore e provavo e riprovavo. Avevo con me una scatolina contenente alcuni souvenir: fiori, rametti, quel sassolino particolare trovato in spiaggia e …un frammento di questa fibra strana, quella di fico d’india. L’intuizione arrivò in un afoso pomeriggio, quando preparai il mio primo paio di orecchini. Volli subito provare a venderli, così mi buttai e prenotai una piazzola in un market locale di artigiani. Non possedevo una macchina e vivevo in campagna, andavo in autostop e rientravo se andava bene con qualche passaggio, oppure a piedi per 7 kilometri. Non vi nego che come esordio non fu proprio la più bella delle esperienze, ero spaesata e proponevo il prodotto con molta timidezza e incoscienza.
Una mattina di fine agosto venne a bussare di nuovo alla mia porta quel bisogno di casa, qui lo chiamiamo “mal di Sardegna”, un richiamo che avvertivo già da tempo ma che fino a quel momento non volevo ascoltare. Così tornai, e questa volta per restare.
Settembre 2013. Io contentissima alla mia prima “bancarella”, a sinistra una selection di orecchini con etichette di dubbio gusto.
Che giovane! Avevo 25 anni, tornavo a casa dopo un’esperienza all’estero di 5 anni con un bel bagaglio carico di esperienze, esponevo strani gioielli in fibra di fico d’india ed ero gasatissima. Sentivo di avere finalmente la giusta energia e motivazione da investire nel mio territorio, a casa mia.
Due settimane dopo esponevo al mio primo mercatino a Cagliari, evento importantissimo perchè oltre a conoscere alcuni di quelli che sono ancora tra i miei migliori amici e colleghi, coniammo il nome del mio brand. Ebbene si.
Quel giorno ricordo di aver riscosso un discreto successo, ero la “nuova”, l’ultima arrivata e attirai un po’ l’attenzione. Mentre mi trovavo di chiacchiera all’esterno dell’edificio con alcuni ragazzi, ricordo che venne a cercarmi correndo e gridando disperata Viviana:
“dov’è la ragazza del fico d’indiiiiiaaaaaa!!?”
Silenzio. Tutti si girano a guardarmi!
E boom! Il mese dopo esponevo al mio primo Creative Corner Market (il mercatino più figo che abbiamo qui a Cagliari) con i bigliettini da visita con su scritto LA RAGAZZA DEL FICO D’INDIA. Erano totalmente improvvisati, ma come me del resto. Improvvisavo, cercavo di stare sul pezzo, non ero ancora cosciente di come e se si sarebbe sviluppato il progetto, so solo che mi si aprì letteralmente un mondo.
Da quel momento i mercatini divennero il mezzo per farmi conoscere, fu un susseguirsi di eventi, sagre paesane e market più o meno importanti. Attendevo sempre con ansia il Creative Corner Market, ogni volta sempre più stimolante e l’unico luogo in cui potessi realmente confrontarmi con colleghi che si trovavano ad affrontare lo stesso mio percorso qui in Sardegna. Ovviamente non era abbastanza, così iniziai a partecipare anche a qualche Market nel Nord Italia come Verona, Milano e Torino, scoprendo così la vera realtà dei makers, artigiani e designer italiani. Erano tantissimi, provenivano da tutta la penisola e li vedevo proprio sul pezzo.
Con il tempo acquisì sempre più fiducia ed esperienza e insieme a me vedevo crescere anche il mio progetto. Iniziai a partecipare alle prime Fiere, quelle grandi, quelle dedicate all’artigianato italiano come quella di Firenze e quella di Milano.
Prendere parte a questi eventi, per me che arrivavo dalla Sardegna, rappresentava il ponte con il resto del mondo, la possibilità di venire a contatto con tantissime nuove persone e soprattutto sentirmi parte di esso con tantissimo orgoglio.
Con i contatti che acquisivo durante le fiere iniziarono le prime collaborazioni con i negozi di artigianato e handmade sparsi in tutta Italia, con alcuni ci collaboro tutt’ora. Fu a questo punto che vidi il mio percorso prendere realmente forma e trasformarsi da un’idea e un vero e proprio business.
Amici, mi rendo conto che questa storia potrebbe sembrare un susseguirsi di coincidenze ed eventi felici, e forse da una parte lo è davvero, ma vi dico che è stato faticoso.
Durante i primi due anni le difficoltà furono tantissime, per farvi un esempio non possedevo ancora una macchina per raggiungere i vari mercatini e, con tutta la merce appresso usavo i mezzi pubblici in città, oppure gli autobus e i treni per eventi fuori porta. Ho dovuto fare dei sacrifici, quindi niente più cene fuori, vestiti nuovi o sfizi superflui. Per fortuna sono sempre stata circondata da persone che mi vogliono bene e che mi hanno aiutato un sacco, e a riguardo ricordo che per il primo Market mi anticipò i soldi della quota un’amica. Altre volte invece dovevo sperare che l’organizzatrice passasse a riscuotere dopo aver venduto almeno un paio di orecchini.
In fondo in qualche modo bisogna pur iniziare, gli ostacoli ci sono sempre e le strade raramente sono in discesa. È vero che ci sono stati momenti molto difficili ma che racconto comunque con il sorriso stampato sulle labbra.
L'evoluzione del mio "banchetto" è commovente:
Ultimo Artigiano in fiera a Milano nel 2019, primavera 2014, estate 2015, Mostra dell'artigianato a Firenze nel 2016, sempre fiera Milano ma nel 2018.
Concludiamo con un po' di gossip, curiosità e ispirazioni
Sapete chi furono i primi che ho conosciuto a quel primo market di Cagliari? Mari e Ivan di Mariù.
( www.mariulab.it )
E chi avevo di fronte al primo Creative Corner Market? Carlotta, Simone e il piccolo (al tempo) Giovanni del Carlottina lab.
( www.carlottinalab.com )
Sono certa che molti di voi conoscono questi brand e mi piace ripensare a come le nostre strade si siano intrecciate e di come uno sia stato per l’altro fonte di ispirazione e motivazione. Ne sono molto orgogliosa.
Ora non ci resta che aspettare che Francesca organizzi la prossima edizione del CCM per poterci rincontrare insieme a tutti gli altri e a tutti voi. Speriamo presto!🤞
P.s.“L’amica” che mi prestò i soldini per il CCM é la mia amica Laura, è una musicista e proprio la settimana scorsa è uscito suo ultimo video, 👈 eccolo!
Ci risentiamo il 25 Marzo, vogliatevi bene
Sara🌟